AMBIENTI E INTEGRAZIONI PLASTICHE 

Paolo Scheggi, Intercamera plastica, 1966-1967, struttura portante di legno e fogli di legno dipinto di giallo curvati e fustellati, 540 x 435 x 320 cm. L’Intercamera plastica era originariamente dipinta di giallo; è stata poi dipinta di bianco da Scheggi per la mostra Lo spazio dell’immagine a Palazzo Trinci, Foligno (2 luglio-1 ottobre 1967). Andata parzialmente dispersa, dell’Intercamera plastica è stata realizzata una versione autorizzata del 2007, delle misure di 540 x 435 x 320 cm, donata da Franca e Cosima Scheggi al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato nel 2013.

Il tema della ferita e del taglio attraversa la storia dell’arte fino a Lucio Fontana. È il resoconto di un viaggio ideale nell’ignoto prima spirituale e poi fisico. Il desiderio di avventurarsi in un nulla da conoscere e da provare: una cosa in sé che si lega al valore del vuoto e del silenzio. Un cammino di apertura della mente quanto dello sguardo che ha aperto l’orizzonte delle immagini a uno spazio e a un tempo non confinabili, seppur identificabili. A iniziare sono i “Concetti spaziali” di Fontana che, non volendo chiudere la ricerca in recinti precisi, ne amplia l’orizzonte aprendo nuovi territori al di là delle tele. Nasce allora la dichiarazione di una completezza dove il pieno e il vuoto, la presenza e l’assenza formano un insieme dalle polarità interdipendenti.  Un transito che Paolo Scheggi (1940-1971) sistematizza, …strutturando e mettendo in sequenza gli attraversamenti della tela al fine di costruire un insieme plastico controllato e razionale. La sua formalizzazione del rapporto tra positivo e negativo, luminoso e oscuro, è però assoluta, nel senso di essere liberata da ogni rapporto con le altre realtà che non siano “purovisibiliste”. Si capisce pertanto l’aspirazione a creare un ambiente totalmente autonomo, oggi ricostruito, “Intercamera plastica”, 1966-67 (…) che tende a trovare una continuità tra oggetto pittorico e architettura. Si forma un’intensità di componenti, interconnesse dal ritorno alla forma circolare, che diventano livelli variabili di conoscenza ottica. E stimolano un’esperienza estetica del vuoto e del pieno: una disciplina e un esercizio basati sull’equilibrio e sull’armonia delle cose, astratte e concrete”.

Germano Celant, 2013

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