PAOLO SCHEGGI. LA VITA, LA RICERCA, LA VISIONE

Nato il 19 agosto 1940 a Settignano, in provincia di Firenze, Paolo Scheggi compie gli studi all’Istituto Statale d’Arte di Firenze, poi all’Accademia di Belle Arti di Firenze; si trasferisce poi a Londra per frequentare un Corso di Visual Design e frequenta Roma. Dal padre, Direttore della Compagnia della Misericordia, riceve una prima conoscenza dei testi sacri e una visione spirituale che avrebbe caratterizzato, come trama ora evidente ora silenziosa, tutta la sua ricerca.

Risalgono alla fine degli anni ’50 i primi lavori caratterizzati dall’uso di materiali diversi, quali lamiere, tavole di legno, carte di diverso spessore incollate e assemblate a formare collage materici e policromi, carte astratte caratterizzate da segni di diversa intensità, in alcuni casi da macchie e forme che rimandano a figure o ipotesi figurative.

All’inizio degli anni ’60, Scheggi frequenta assiduamente la Galleria Numero di Fiamma Vigo che lo invita a esporre in alcune mostre collettive.

In questa fase le opere, ancora realizzate con la tecnica di assemblaggio di lamiere metalliche, definita dall’artista “saldage”, approdano alla monocromia e presentano forme circolari, ovali e rettangolari, evidenziando le relazioni tra superficie e profondità.

Un ritratto di Paolo Scheggi

Nel 1961 fonda con amici letterati, a Firenze, il foglio di cultura e critica artistico-letteraria “Il Malinteso. Periodico di discussione”, che accoglie una riflessione firmata da Jean-Paul Sartre.

Attratto dal fermento della città di Milano, si trasferisce nell’autunno 1961. Qui, in una prima fase, ospitato nella casa-sartoria di Germana Marucelli, in Corso Venezia 18, sperimenta le relazioni tra arte e moda, dipingendo i tessuti per gli abiti di alcune collezioni e realizzando accessori e gioielli coordinati. Nella prima parte del 1962 Scheggi approfondisce i contatti con l’ambiente artistico milanese, frequentando gli artisti di Azimut, Manzoni, Castellani, Bonalumi e i programmati. Datano a quest’anno anche la conoscenza di Lucio Fontana e Bruno Munari.

È del 1962 la seconda mostra personale, allestita alla Galleria Il Cancello di Bologna, tenutasi dall’8 dicembre e intitolata “Paolo Scheggi Merlini. Per una situazione”. In questa occasione, Lucio Fontana scrive al giovane artista una lettera intensa che viene pubblicata in catalogo, nella quale valuta positivamente la sua ricerca approdata a opere monocrome caratterizzate dalla sovrapposizione di tre tele diversamente forate.

L’anno successivo, il 1963, segna attenzioni rivolte alla ricerca di Scheggi da parte di Lara Vinca Masini, che lo presenta nella mostra collettiva significativamente intitolata Monocroma, curata con Mario Bergomi e destinata ad approfondire le ricerche italiane e internazionali che si stavano indirizzando verso tale scelta pittorica, ma anche di Giulio Carlo Argan e di Palma Bucarelli. Questa, alla Direzione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, accoglie nello stesso 1963 due opere dell’artista nelle Collezioni del Museo.

Il 1964 è un altro anno importante per le relazioni di Scheggi con Getulio Alviani, Umbro Apollonio, Germano Celant, Alessandro Mendini e Carlo Belloli.

Lo studio di Paolo Scheggi in via Jan a Milano, con riconoscibili alcuni “Compositori e modalità spaziali e maquette di unità abitative”, 1968.

“Monotipi di Paolo Scheggi-Merlini”, catalogo della mostra, Firenze, Galleria La Vigna Nuova, 2-14 settembre 1961

Risale infatti al mese di aprile l’importante partecipazione di Scheggi alla mostra “44 protagonisti della visualità strutturata”, ordinata da Carlo Belloli per la Galleria Lorenzelli di Milano. Lo stesso Belloli firma poi il testo critico per la terza mostra personale di Paolo Scheggi, allestita a Genova, alla Galleria del Deposito, dal 26 maggio, e intitolata “7 intersuperfici curve-bianche + 1 intersuperficie curva-dal rosso + 2 progetti di compositori spaziali”. In questa occasione fa la sua prima comparsa anche il termine di “Intersuperficie”, probabilmente suggerito a Scheggi dallo stesso Belloli, mentre il titolo della mostra sottolinea che l’artista sta intraprendendo una ricerca volta alla integrazione tra arte e architettura.

Tra i primi risultati di questi studi sono: il “Compositore cromo-spaziale”, realizzato per la Sala del Cinema Sperimentale di Bruno Munari e Marcello Piccardo alla XIII Triennale di Milano dedicata al tema del “Tempo Libero”; la progettazione architettonica e ambientale della nuova sede della sartoria di Germana Marucelli, realizzata in collaborazione con Alviani e Venosta.

“44 protagonisti della visualità strutturata”, a cura di Carlo Belloli, catalogo della mostra, Milano, Galleria Lorenzelli, aprile-maggio 1964, Milano, Alfieri e Lacroix 1964 (copertina del catalogo)

Alla fine dello stesso 1964, Scheggi inaugura la sua quarta mostra personale e la prima all’estero presso la Galleria Smith a Bruxelles, intitolandola similmente alla personale allestita alla Galleria del Deposito di Genova: “Intersurfaces courbes – compositeurs spatiaux – projets d’intégration plastiques”.

Nel mese di ottobre sposa Franca Scheggi Dall’Acqua.

All’inizio dell’anno successivo, la ricerca in direzione architettonica e ambientale porta Scheggi a elaborare e firmare il manifesto “Ipotesi di lavoro per la progettazione totale” presentata nel gennaio 1965 al Collegio Regionale Lombardo degli Architetti e scritta con Germano Celant, Angelo Fronzoni, Alessandro Mendini, Gian Mario Oliveri, Giancarlo Sangregorio.

“Intersurfaces courbes – compositeurs spatiaux – un projets d’intégration plastiques”, catalogue de l’exposition, Bruxelles, Galerie Smith, 4-21 novembre 1964

Intanto, i contatti con il Gruppo Nul, iniziati due anni prima grazie al tramite di Piero Manzoni con Henk Peeters, sfociano nella partecipazione di Scheggi alla mostra “Nul = Zero”, organizzata dalla Galleria Orez e tenutasi alla Galerij De Bezige Bij ad Amsterdam.

Il 1965 segna anche l’ingresso di Scheggi nel movimento internazionale  di “nove tendencije”: dal 13 agosto al 19 settembre, espone a “nova tendencija 3”, tenutasi alla Galleria d’Arte Contemporanea di Zagabria, stringendo importanti contatti con Ivan Picelj e con il mondo culturale della ex Jugoslavia.

Nel maggio 1965 inaugura alla Galleria d’Arte Il Cavallino di Venezia la mostra personale “Paolo Scheggi. Intersuperfici curve”, introdotta dal testo di Umbro Apollonio: è l’inizio di una felice e duratura collaborazione tra l’artista e i Cardazzo. 

“Paolo Scheggi”, catalogo della mostra, Venezia, Galleria d’Arte Il Cavallino, 15-24 maggio 1965, Venezia, Edizioni del Cavallino 1965

Paolo Scheggi, opere grafiche per “La lune en rodage”,  Edizioni Panderma di Carl Laszlo, pubblicato su “Panderma”, Almanacco, n. 7-8, 1966

Il 1966 e il 1967 possono essere considerati i due anni cruciali sia per il riconoscimento di Scheggi a livello internazionale, sia per l’evoluzione della sua ricerca, dapprima in direzione ambientale e architettonica, poi in ambito performativo e teatrale.

Fondamentali innanzitutto le partecipazioni a mostre destinate ancora oggi a suscitare studi e dibattiti, dedicate al monocromo e alla pittura oggettuale, e la partecipazione alla “XXXIII Biennale internazionale d’arte di Venezia”, nella sezione “Gruppi di opere: pitture, sculture e grafiche” curata da Nello Ponente. 

Tutta la seconda parte del 1966 e l’inizio del 1967 sono caratterizzati da viaggi e mostre internazionali: si ricordino “Italy, New Tendencies” organizzata dalla Galleria Bonino a New York; “Three European Artists” alla Ewan Phillips Gallery a Londra; “Graphics ’67 Italy”, tenutasi alla University of Kentucky Art Gallery; “Italian Abstract Art” alla Roland Gibson Art Foundation a Potsdam, New York; “Painting and Sculpture Today – ’67”, quinta esposizione annuale di opere d’arte contemporanea selezionate dalla “Contemporary Art Society of the Art Association of Indianapolis” ed esposte a Indianapolis, all’Herron Museum of Art; “XX Century Italian Art” al Baltimore Museum of Art; “Nueva Tendencja Italiana”, mostra organizzata da Umbro Apollonio al Museo de Arte Moderna di Buenos Aires, in Argentina. Tra il 1966 e il 1967 la ricerca di Scheggi approda e si afferma anche nei Paesi Scandinavi; si ricordino la sua partecipazione alla First Scandinavian Biennale, tenutasi a Charlottenborg, Copenhagen; “Trends confronted – objectual figuration – visual art”, all’Istituto di Cultura a Stoccolma.

“Con temp l’azione”, Torino, Galleria Christian Stein, Galleria Il Punto, Galleria Sperone, dal 4 dicembre 1967 e Lugano, Arts International club edizioni Flaviana, dal 17 febbraio 1968

Durante l’estate 1966, Scheggi dialoga con Renato Cardazzo in vista della personale da tenersi nel gennaio 1967, progettando quell’estensione dell’opera nell’ambiente destinata a sfociare nella “Intercamera plastica”. Formata da pareti lignee fustellate curvilinee e rettilinee, di colore giallo squillante, è presentata con testo di Umbro Apollonio alla Galleria del Naviglio di Milano nel gennaio 1967; successivamente, dipinta di bianco, è esposta alla mostra “Lo spazio dell’immagine” a Palazzo Trinci a Foligno, nell’estate 1967.

A partire dall’autunno, con il nuovo anno accademico, l’”Intercamera plastica” di Scheggi è invece alla base di una serie di lezioni dal titolo “Metaprogettualità strutturali”, tenute da Dino Formaggio nel corso “Metodologie della visione”, alla Facoltà di Architettura di Milano. La stessa “Intercamera plastica” diventa poi la base di una “Proposta di cellula abitativa” progettata dagli studenti Carlo Ferrario, Franco Ferrari e Maddalena Montagnani e presentata quale progetto di laurea alla fine dell’anno accademico, estendendone il modulo compositivo dal livello abitativo a quello architettonico e urbanistico.

Alla fine del 1967 si manifesta una nuova direzione della ricerca di Scheggi, certamente maturata nei mesi precedenti e destinata a superare il livello oggettuale dell’opera e dell’ambiente, e ad apririsi allo spazio urbano. Fondamentale in questo senso la manifestazione “Con temp l’azione”, ordinata da Daniela Palazzoli nelle gallerie torinesi Il Punto, Sperone e Stein e all’Arts International club edizioni Flaviana a Lugano, tra la fine del 1967 e il febbraio 1968.

“Public Eye (Kinetik, Konstruktivismus, Environments)”, catalogo della mostra, Hamburg, Kunsthaus, 1 Novembre-1 Dicembre 1968 (copertina del catalogo)

“Paolo Scheggi. Intersuperfici curve”, Napoli, Modern Art Agency, dall’8 febbraio 1969  (copertina catalogo)

È nel 1968 che Scheggi approda definitivamente all’ambito teatrale, pubblico e performativo: dal progetto non realizzato del “Cannocchiale ottico percorribile”, presentato per la mostra “Interventi nel paesaggio” all’interno della XIV Triennale di Milano, dedicata al tema de “Il Grande Numero”; all’”Interfiore” che Scheggi allestisce alla Galleria La Tartaruga di Roma, nell’ambito della manifestazione “Teatro delle mostre”, volta ad approfondire il concetto di performance e di happening e a coinvolgere attivamente il fruitore.

Nel corso dell’anno Scheggi conosce anche Giuliano Scabia, che lo avrebbe poi incaricato di realizzare gli “Interventi plastico-visuali” per la “Visita alla prova dell’Isola purpurea di Bulgakov+Scabia”, opera teatrale tenutasi al Piccolo Teatro di Milano alla fine del 1968.

Intanto, l’approfondimento del dialogo con Achille Bonito Oliva sfocia, all’inizio del 1969, nella mostra alla Modern Art Agency di Napoli, intitolata “Paolo Scheggi. Intersuperfici curve”, tenutasi dall’8 febbraio; sulla relativa pubblicazione, Scheggi presenta il suo intero percorso, dalle prime “Intersuperfici agli Inter-ena-cubi”.

In occasione della messa in scena dello spettacolo “Materiale per sei personaggi”, avvenuta al Teatro Durini di Milano tra la fine di marzo e i primi di aprile 1969 con la regia di Roberto Lerici, Scheggi utilizza invece una parete dell’”Intercamera plastica” per realizzare la bianca “scenoplastica” che fece da fondale dello spettacolo e sulla quale furono proiettati video e immagini. Il mese successivo mette in scena a Milano, alla Galleria del Naviglio, “Oplà-stick, passione secondo Paolo Scheggi”: il primo spettacolo da questi scritto e diretto, tratto dal dramma di Ernst Toller “Hoppla, wir leben!”: un omaggio a Piscator e al teatro politico dell’avanguardia storica. “Oplà-stick” è ripetuto il 6 maggio a Zagabria, in occasione della manifestazione “tendencije 4”; alla fine dell’anno Scheggi propone “Oplà-azione-lettura-teatro” per le strade di Firenze, partendo dalla Galleria Flori dove era in corso una sua mostra personale: l’azione era stata prima compiuta a Milano in via Manzoni e avrebbe dovuto svolgersi anche a Torino e a Roma.

Paolo Scheggi, “Manifesto de L’Autospettacolo”, messo in scena a Caorle in occasione della manifestazione “Nuovi Materiali Nuove Tecniche”, 20 luglio-24 agosto 1969, 100 x 70 cm. Collezione privata

Completamente assorbito dalla nuova direzione d’indagine teatrale e performativa, anche in occasione della manifestazione “Nuovi Materiali Nuove Tecniche”, tenutasi in varie sedi della cittadina di Caorle, Scheggi mette in scena l’”Autospettacolo”, circondandosi di importanti consulenti e collaboratori tra i quali Raffaele Maiello per la regia, Franco Quadri per la critica teatrale, Tommaso Trini per la critica artistica, Franca Sacchi per le musiche. Sempre durante l’estate 1969, scrive due nuovi spettacoli teatrali a carattere performativo: il “Dies Irae, inquisizione secondo Paolo Scheggi”, con musiche e coreografie di Franca Sacchi; la “Marcia Funebre o della Geometria, processione secondo Paolo Scheggi”, ancora con il supporto musicale di Sacchi, per la manifestazione “Campo Urbano. Interventi estetici nella dimensioni collettiva urbana”, ordinata da Luciano Caramel e documentata dagli scatti di Ugo Mulas.

L’ultima fase della ricerca di Scheggi, dalla fine del 1969 al 1971, anno della sua prematura scomparsa, è caratterizzata da una ricerca in chiave concettuale e destinata ad analizzare il ruolo del linguaggio, dalla parola scritta e performativa alla sua valenza simbolica, metafisica e politico-ideologica. Si collocano in questa direzione, ancora da approfondire nella loro complessità: “i 7 spazi recursivi autopunitivi per 7 spazi neutri”, realizzati con Mario Brunati; gli “Appunti per una idea della morte: note per la stesura registica dell’Apocalisse”, una messa in scena teatrale che avrebbe dovuto essere proposta per la Biennale di Venezia; l’ambiente esposto alla mostra “Amore mio” a Palazzo Ricci a Montepulciano, in provincia di Siena, intitolato la “Tomba della geometria”, in laminato plastico nero e caratteri lapidari in bronzo, poi esposto a “Vitalità del Negativo nell’arte italiana 1960/70”, ordinata da Achille Bonito Oliva e organizzata dagli Incontri Internazionali d’Arte a Roma, a Palazzo delle Esposizioni, dal 16 novembre al 31 dicembre. Qui l’ambiente è esposto insieme alla “Piramide”, realizzato in pannelli di legno dipinto di bianco e con una lastra in acciaio cromato recante la scritta “DELLA METAFISICA”.

Paolo Scheggi con la lastra “DELLA METAFISICA”, 1970, fotografia di Marcella Galassi, Roma

Dall’amicizia con Vincenzo Agnetti, nasce invece il progetto a quattro mani de “Il Trono. Levitazione secondo Agnetti & Scheggi”, presentato alla Galleria Mana Art Market di Roma nel novembre 1970; i due artisti avviano un altro progetto a quattro mani, rimasto interrotto a causa della prematura scomparsa di Scheggi, dal titolo IL TEMPIO. LA NASCITA DELL’EIDOS.

Nella primavera di quell’anno Scheggi inizia l’insegnamento di “Psicologia della Forma” all’Accademia di Belle Arti de L’Aquila, diretta da Piero Sadun.

La nascita della figlia Cosima Ondosa Serenissima, ancora in marzo, è ricordata dall’artista nell’ambiente “ONDOSA”, realizzato in laminato plastico Print nero e presentato alla manifestazione “Eurodomus 3” a Milano.

Nonostante il drastico peggioramento delle condizioni di salute, all’inizio del 1971 Scheggi prosegue nella collaborazione con la rivista “In”; è chiamato a realizzare un intervento plastico all’Hotel Michelangelo a Milano, in acciaio e caratteri lapidari maiuscoli; riesce a terminare l’opera “6profetiper6geometrie”, composta da sei solidi geometrici realizzati in diverso materiale, ai quali sono uniti i nomi di sei profeti biblici. Esposti nella mostra personale che la Galleria del Naviglio di Milano gli dedica il 19 maggio 1971, i “6profetiper6geometrie” rappresentano una sorta di testamento spirituale dell’artista, mancato a Roma il 26 giugno dello stesso anno.

Ilaria Bignotti, Curatrice scientifica dell’Archivio Paolo Scheggi

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